“Nevica, miseriaccia” esclama
Virginia uscendo di casa.
Nella fretta di cercare
le chiavi della macchina per un pelo non scivola sui gradini già ricoperti di
una leggera coltre bianca.
La mano fruga in modo
confusionario nella borsa e quando finalmente riesce a trovarle prendendole in
mano, il gatto dei vicini passa a tutta velocità tra le sue gambe facendola
volare a gambe all’aria. La gonna si alza mostrando i collant al netturbino che
sta raccogliendo la spazzatura sul marciapiede di fronte.
Il suo sorriso di stupore
fa arrossire la donna, che tenta di sistemarsi per poi affrettarsi a salire in
auto. Il motore della vecchia mini si accende a fatica, i vetri sono appannati e
ricoperti di neve. Un leggero strato di ghiaccio ne rallenta la pulizia, il
riscaldamento è al massimo con la ventola che frulla incessante. Dopo cinque
minuti finalmente parte.
Squilla il cellulare. Altro
frugare nella borsa. È il capo.
“Cazzo!” pensa, adesso mi
stecca per il ritardo. Stamattina aveva bisogno della documentazione fotocopiata
per gli investitori esteri in visita, ma dovevano arrivare per le 12.00?
Possibile che alle 8.30 siano già in ufficio?.
“Pronto.”
“Virginia dove si trova?
Ho bisogno di lei subito, si sbrighi”.
“Mi scusi dottore, tra
neve e traffico sono un po' in ritardo, tra dieci minuti arrivo”.
“Ho necessità delle copie
dei documenti, è tre giorni che le chiedo. La sua collega Miriam, molto più
puntuale e precisa di lei, è già arrivata da un’ora quasi ed è impegnata a trascrivere
il mio discorso per l’assemblea, si muova!. Oggi mi sono alzato alle cinque
sapendo che era prevista neve, lei che ha fatto? Li vede i telegiornali e i
meteo?”
“Si dottore, si arrivo,
subito. Mi scusi”
La conversazione si
interrompe.
“Stronzo, sempre più
stronzo. Non ha rispetto di nessuno, pensa solo a lui. Miriam qua, Miriam là,
Miriam è brava, bella, buona. Sto cazzo! Miriam è la sua puttana per quello ti
piace! Come non sapessi che le lunghe sedute nel suo studio sono delle vere e proprie
scopate.
Mi ricordo quella volta
che lei è uscita trasandata dalla porta e lui è scappato fuori con la patta
ancora aperta e il lembo di camicia che fuoriusciva dalla zip, sbraitando al
telefono per qualche appuntamento mancato con la moglie. Sono entrata poco dopo
nella sua stanza per depositare dei fascicoli sulla scrivania e lì in bella
vista sulla poltrona c’erano le mutandine bagnate della troia di Miriam. Io
scema le ho prese con una matita e messe in un cassetto per non creare imbarazzo.
Ma adesso basta, mi ha stufato.
Per non dire delle volte che ci ha provato con me. Una mano morta sul culo, un abbraccio
un po' sforzato, le dita che sfiorano le tette casualmente. Oggi lo mando a cagare,
altro che assemblea e fotocopie”.
L’arrivo in ufficio è un
caos totale, tutti in subbuglio che corrono avanti e indietro, nessuno la
saluta. Le urla del boss le arrivano nitide dal fondo corridoio.
Si toglie il cappotto e
il cappello, poi si incammina verso le fotocopiatrici ed inizia a fare le
copie. Arriva anche Miriam che la squadra con disprezzo, poi si allontana con il
caffè in tazza grande per l’amministratore delegato. Lei le risponde con una
linguaccia, il dito medio e con un filo di voce le raccomanda un “Fanculo troia!”.
Dopo un’ora finisce tutto
e prepara le cartelline, quindi si reca dal capo.
Bussa.
“Dottore buongiorno, ecco
qua i documenti preparati”.
“Alla buon’ora Virginia.
Alla buon’ora. Ma lo sa che Miriam ha già finito la relazione da due ore?”
“Senta dottore con tutto
il rispetto…”.
La porta si spalanca di
colpo ed entrano gli stakeholders impettiti e con volti seri.
Virginia si ritira ossequiandoli
con inchino e saluti di circostanza, tornando alla sua postazione. Una volta
sedutasi nota Miriam rifarsi il colore delle unghie mentre canticchia.
“Sei felice?”.
“Si tesoro, oggi il
dottor Guido mi ha promesso un aumento di livello e di stipendio”.
“Bene, ti sei fatta
rompere il culo stavolta?”.
“Sfotti stronzetta, sfotti,
intanto io faccio carriera e tra breve prenderò il posto della cornuta della
moglie, tu invece resterai lì e mi leccherai i piedi”.
“Ma sentila la
puttanella. Pensi che succhiargli l’uccello o farsi scopare sia sufficiente per
far saltare il matrimonio con, guarda caso, una tra le migliori manager nel
campo della moda? Ma chi sei? Credi che dipingendoti la faccia da battona e
profumandoti la passera sarai qualcuna?”.
“Senti cretina, adesso mi
ha stancato”.
Suona il telefono sulla
scrivania di Miriam.
“Si dottore, va bene, chiamo
Giulio per il servizio trasporto e li faccio accompagnare in centro a pranzo.
Lei cosa fa, li raggiunge dopo, bene. Si chiamo e vengo subito”.
La sua faccia schifata
pone fine allo scambio di battute acide.
“Cazz…, Giulio non risponde,
che fine ha fatto? O merda, ora ricordo, oggi è out per delle analisi in ospedale.
Che faccio ora?”
Virginia alza la testa e
con spocchia le fa: “Ci sarebbe il mio Filippo che ha appena dato le dimissioni
dalla ditta di spilorci per cui lavorava, se vuoi lo chiamo, ma …”.
“Ma…”.
“Ma tu che mi dai in
cambio? Voglio pure io l’aumento”.
“Va bene, ora vado da Guido
e vedo cosa posso fare”.
Miriam appena entrata nello
studio del capo lo trova già pronto sulla poltrona a gambe aperte e cazzo all’aria
in attesa della sua bocca.
Lei non dice nulla e si
inginocchia ingoiandolo e succhiandolo con lentezza. La lingua scivola colma di
saliva dalla cappella sino alle palle. Le mordicchia con dolcezza, poi
spostandole lecca ancora più giù sino al suo forellino. Mentre sega il manico,
la lingua si infila nello sfintere con colpetti decisi. L’uomo di eccita visibilmente
rafforzando la consistenza della nerchia.
“Vieni amore, che poi ho
una guerra da sostenere, rilassami”.
Miriam apre un armadietto
e da un doppio fondo estrae uno strapon nero con piccole borchie lungo il bastone
di gomma.
Se lo infila e con grazia
penetra il buchetto del boss.
“Ti piace amore?”.
“Si Miriam, sfondami che
ne ho bisogno”.
Virginia spia dalla porta
la scena e sorride.
“Ma pensa te, è pure
mezzo gay il capo. Fa quasi tenerezza”.
“Mmm…siii.Miriam, scopami,
scopami…mmmm…. si dai che vengo, dai…. mmmm.. eccola…ahhhh..mmm…sborro…”
La sua mano muove il
cazzo con velocità al ritmo dell’inculata che sta ricevendo. Il seme spruzza ovunque
sulla poltrona. Miriam estrae il pene di lattice accarezzandogli i capelli.
“Senti amore, pensavo che
potresti alla fin fine dare un aumento anche alla stronzetta di Virginia”.
“Perché mi dici questo
ora? Non lo merita”.
“In realtà sarà anche un po'
confusionaria e ritardataria ma ha sempre fatto tutto con discreta precisione”.
Nel mentre che Miriam sta
parlando, l’altro le sta infilando due dita nella fregna facendola gemere.
“Guido, così mi eccitti…mmm..
allora che mi dici, le darai l’aumento? Mmmm. così, dai, così, dai più veloce
che vengo pure io….mmmm…siiiii…mmmm..siiii…caro baciami”.
“Si amore, ok per l’aumento,
ma convincila a darmela, voglio anche la sua fica”.
“Mmm. ok, è ora di
sverginare la ragazza”.
Ridono.
Il boss esce a
raggiungere gli altri al ristorante. Il ragazzo di Virginia ha già provveduto a
sostituirsi all’autista della società.
“Brava la puttanella,
quindi anche finocchio è il capo”.
“Non è vero, ama farsi
inculare solo quando è sotto stress, altrimenti ti assicuro che pensa sempre
alla patata” risponde toccandosela per evidenziare la frase.
“Si, si, va bene, fatti vostri.
E che ha detto dell’aumento?”.
“Ha detto che si può fare,
se però sarai carina con lui”.
“Cioè? Me lo devo fottere?”.
“Certo santarellina, cosa
credi, la fica per il denaro, il mondo è sempre girato così”.
“Mai con quel porco!”.
“Ok, allora riferirò lui
che la settimana scorsa hai scordato di far firmare alcuni documenti e hai falsificato
la sua di firma?”.
“Cooosa? Brutta stronza! Ti
ammazzo. Come fai a saperlo? Ti ho pure dato il mio ragazzo per salvarti il culo”.
“Calma, calma. Apri
quelle cazzo di gambe e fatti scopare, che poi ci guadagni, che ti costa?”
“Uff, va bene, domani
vengo profumata da mignotta come te, ok?”.
Miriam sghignazza ripassandosi
le labbra con il rossetto rosso intenso.
“Cara, devi valorizzarti
di più. Sei carina, hai due belle tette, un culo di tutto rispetto. Se mi lasciassi
fare a me lo strapon te lo piazzo nella tua passera pure io facendoti urlare.
Dai su sveglia! Ora vado pure io al ristorante, Guido mi ha chiesto di
raggiungerlo con una scusa, sicuramente dovrò fare un servizietto a qualcuno dei
suoi ospiti, sai deve mantenere il posto ben saldo ed io il portafogli ben
pieno.”
Si lecca con la lingua le
labbra in modo lascivo ed esce.
“Che vacca di primordine”
farfuglia Virginia.
“A ben pensarci però, è
ora che mi smuova se voglio emergere, sono anche un po' stanca sempre dello
stesso cazzo, magari provarne uno nuovo mi stimola. E poi mi arriverà un
aumento, magari riesco anche a soffiarle il posto alla stronza e a farmi amante
il boss. Poi mi toccherà mollare Filippo. Gli voglio bene, ma forse non è per
me, a 27 anni voglio godermi la vita, voglio soldi, scarpe, borse, vestiti, bei
locali, hotel, insomma vogli essere la puttana dei ricchi. Deciso”.
La mattina seguente
Virginia si prepara, si depila bene i peletti residui della fregna facendola
diventare liscia e morbida al tatto. Si sistema anche le ascelle e le sopracciglia.
Entra in doccia pulendosi e profumandosi
tutti i buchetti, sia mai che vuole provare anche quello dietro, usato poche volte,
poiché la sofferenza per lei supera il piacere. Quindi via con una buona dose
di trucco, scarpe con il tacco aggressive, tailleur di marca, autoreggenti e
mutandine in pizzo nero in abbinamento al reggiseno.
“Buongiorno dottore,
posso?” chiede entrando con il vassoio del caffè e un paio di croissant caldi
appena comprati al panificio accanto l’ufficio.
Guido alza la testa dalle
scartoffie fissando con ammirazione la segretaria. Si toglie gli occhiali mordicchiando
la stanghetta.
“Buongiorno, la vedo
raggiante oggi e molto carina. Grazie per il caffè”.
“Grazie a lei Dottore.
Come è andata ieri l’assemblea?”.
“Molto bene, anche grazie
all’aiuto…ehmmm… della sua collega…ehmmm”.
“Capisco. Bene. Vuole
altro... da me?” le sussurra con voce sexy.
“Ehm si, venga qua un attimo
che mi sono cadute delle carte sul pavimento sotto la scrivania. Me le raccolga
gentilmente”.
Virginia si infila sotto
il tavolo ritrovandosi la verga del capo all’altezza delle sue labbra. La
scappella con dovizia ed abilità, le sue mani armeggiano con l’asta per
renderla turgida e bagnata.
“Mmm… siii. Virginia,
così, continui, me lo succhi, bene, brava.
Resti ferma che ora le scopo la bocca”.
Così dicendo inizia a
stantuffarla con vigore avanti e indietro gonfiandole le guance e stimolandole
la gola.
La donna è sottomessa e
si lascia fare. Ha un fremito tra le cosce che la inducono a toccarsi il
clitoride, già umido.
“Venga che voglio penetrarla.
Si sieda in braccio e guardi verso la porta”
Ubbidisce alla richiesta.
Prende l’uccello duro lisciandolo ancora un po' per poi posizionarselo nella calda
fregna colma di umori.
Guido le alza le braccia per
poter palparle le tette. Schiaccia i capezzolini appena pronunciati, facendola
gemere, poi preme con forza il resto del seno. Le lecca le ascelle, le accarezza
i capelli e i lobi delle orecchie. Le prende il viso con decisione girandolo
verso di lui, quindi le infila la lingua in bocca.
Il ritmo aumenta, l’uomo
è visibilmente eccitato, il suo urlo smorzato presagisce l’eiaculazione del proprio
seme dentro di lei. Vuole svuotarsi le palle per bene, per cui la invita a
muoversi ancora. Il nettare inizia a fuoriuscire andando sul pube del boss.
Entra in quel momento
Miriam, che prende lo strapon. Lo indossa e si dirige da Virginia che la guarda
dubbiosa.
La tira per i capelli,
buttandola con forza sulla scrivania, intima a Guido di tenerle le braccia
ferme nel mentre che le allarga le gambe con due calci.
Sputa sul fallo di gomma
e sulle sue mani per infilare subito dopo due dita nel culo della collega.
Lei urla per il dolore,
ma Miriam la schiaffeggia facendola desistere.
La incula più e più
volte. Virginia digrigna i denti per il dolore, geme a scatti. L’altra invece
sta godendo come una cagna in calore, lo strapon ha anche la funzione di
stimolarle il clitoride.
L’orgasmo coglie entrambe
con decisione. L’urlo probabile che sia arrivato su tutto il piano, ma nessuno dei
dipendenti osa né telefonare né bussare.
Terminato l’amplesso,
Guido con tronfio sguardo le penetra gli occhi.
Virginia risponde con un
laconico “Mi sono meritata l’aumento Dottore?”.
L’altro
annuisce, togliendo lo strapon a Miriam e consegnandolo a lei.